domenica 7 settembre 2014

I LAVORI SI VEDONO ALLA FINE

Citran e Mirko Artuso alla casa sul Piave la sera di Mazzacurati
Volevo bene a Mazzacurati. Col cinema parrocchiale gli eravamo stati dietro più o meno da quando ha cominciato. Ci era sembrato da subito uno bravo a rendersi conto di cosa galleggiava per aria, di come cambiavano la densità e la direzione dei rapporti tra le persone, e bravo a metterlo giù con una specie di semplicità rarefatta,
allusiva, scegliendo di raccontare sempre storie di gente decentrata, attraverso le quali di riflesso era possibile vedere quello che c'era in mezzo, come dire nel cuore delle cose: roba che magari se si prova a cercare di guardarla direttamente non si può o non si riesce. 
L'ho sempre seguito, mi sono perso solo un film che la critica non aveva trattato troppo bene ma che soprattutto non ero riuscito a trovare in dvd, altrimenti l'avrei visto comunque. So di aver voluto bene al Prete bello, a Un'altra vita e a Vesna (anche se mi rendo conto adesso che nella memoria questi due ultimi film mi si confondono e dovrei rivederli, ma in distribuzione c'è solo il secondo). Ho rivisto di recente Il toro, e ho potuto rimettere qualche immagine vicino a quella che mi era rimasta meglio in mente: Citran che cerca di far guadare il fiume alla bestia prendendola per l'anello al naso. Adesso la seconda che mi torna se ci penso è quella della casa delle slave e della specie di strana inattesa pace che si trova in un posto in cui la guerra è vicina tanto che gli uomini son tutti via a combattere. Che insomma magari a volte alla fine è meglio perdersi che trovarsi.

Citran e il toro
Non sapevo che stesse male: non era vecchio, non ci pensavo. Anzi, siccome era di Padova mi coltivavo da tempo l'idea che magari prima o poi saremmo riusciti a farlo venire una sera al circolo parrocchiale a parlare di cinema, o magari si poteva mettere in piedi una cosa più grossa, una cosa di tre giorni da ripetere ogni anno, tipo sul cinema italiano, tipo due giorni di roba nuova, quasi solo produzioni di quelle che fanno fatica a trovare posto in sala, e una giornata magari più mondana con qualche personaggio. Una roba di quelle che penso non succederà mai e non solo per i soldi che, si sa, non ci sono. Che stava male l'ho saputo a un certo punto, ma cose vaghe. Poi sono usciti, non mi ricordo in che ordine, il documentario sul CUAMM (1) e quello su Venezia, che non ho ancora visto, nessuno dei due. Ma comunque anche per questo pensavo che insomma allora non aveva robe gravi visto che continuava a lavorare. Così poi quando hanno detto che era morto la cosa mi ha sorpreso. Naturalmente son rimasto male. Una di quelle volte non frequenti in cui la cosa ti tocca come personalmente e ti dispiace davvero. (2)
Ieri sera ho visto La sedia della felicità alla casa di Parise nella golena del Piave a Ponte. Prima letture ricordi discorsi, con in mezzo abbastanza Parise, poi il film, divertente, volutamente surreale nell'impianto e in diversi passaggi, una mezza favola in cui, come ognuno vede, probabilmente ha salutato gli amici e il mondo cercando di farli andare via allegri. Altre volte ha lavorato più di fino, ma penso (e non per indulgenza postuma) che magari stavolta la preoccupazione di farsi vivo fino alla fine (e anche dopo) sarà stata prevalente. Con me ha funzionato: anche e forse soprattutto le cose più assurde, come il prete Battiston che prima viaggia enorme in piedi sul retro dell'apecar e poi (spoiler) salta nel burrone con la moto da cross di fronte all'apparizione improvvisa dell'orso. Ma hanno funzionato anche l'astuzia disperata di Mastandrea e il viso bianco e l'espressione tesa e affilata di Isabella Ragonese, e ho pensato che Mazzacurati fino alla fine è riuscito a rimanere a tempo col tempo. 
Marina Zangirolami e Roberto Citran
Ieri sera c'era anche Marina, la moglie, che diverse volte gli ha fatto da aiuto. E' scritto in rete che si conoscevano da quando avevano 14 anni e sono quelle cose per cui io mi chiedo sempre: chissà che amore. Mi sono fatto dire qual era da qualcuno che lo sapeva: una bella signora bionda, che, mi pare, stava abbastanza da parte. Poi ho scoperto di averla presa col telefono mentre parlava con Citran. Prima della proiezione mi sono avvicinato e le ho detto che mio figlio si chiama come si chiama anche (non solo) perchè è nato nell'estate del 2000 e mentre stava arrivando avevamo visto L'estate di Davide. Non mi ricordo bene tutto il film (3), ma ho presente perfettamente il ragazzo magro a cui la vita affida il compito di crescersi e che per farlo affronta con un certo coraggio e poca consapevolezza un percorso accidentato e pericoloso. Me lo ricordo che gira in motorino da solo in mezzo ai campi e sugli argini, prima di cacciarsi nei guai andando dietro a qualcosa che non è neanche l'avventura. Mi ha detto Marina che secondo lei a Carlo la cosa del nome avrebbe fatto piacere, poi non ho insistito perchè ho sempre paura di essere inopportuno e ho avuto appena l'impressione che fosse più addolorata o amareggiata che commossa o contenta e che non volesse rotture.
Queste cose (i film i libri le serate i ricordi le letture eccetera) si fanno per darsi, da vivi, l'impressione che qualcosa conti qualcosa. Ma a me è sembrato di vedere in faccia a Marina, assieme a quel ritorno di una punta di sofferenza, la cognizione momentanea ma chiara del fatto che niente conta niente. Cognizione che poi passa e ci permette di tornare abbastanza ingenuamente a fare quello che facciamo.
L'estate di Davide: Davide e lo zio
(1) Quelli del CUAMM sono bravi, mi sembra, fanno cose importanti e guardano in prospettiva e quando do via qualche soldo, diciamo quello che riesco, il più delle volte li do a loro, che tra l'altro spiegano sempre per bene come e dove li usano. Questo da un po' prima di Mazzacurati, diciamo dai tempi di Rumiz.
(2) Tra i coccodrilli che ho trovato in rete mi pare bello questo de La Stampa, che non è firmato.
(3) Adesso lo rivedo: è uscito o sta per uscire in un cofanetto. Forse ci do un occhio anche prima, che ho visto che per ora è ancora caricato su youtube.
Lo schermo sui cui viene proiettata "La sedia della felicità". Il puntino luminoso in alto è una luna tra i rami.

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