sabato 21 dicembre 2013

DA CERTI GIORNI IN QUA LO SCANDAGLIO TOCCA FONDO...

Come spesso accade, specialmente verso fine trimestre, le ore buche vengono occupate da interrogazioni di recupero supplementari per chi ha qualche difficoltà,
cosa non bellissima perché significa portare fuori la gente da una lezione che ovviamente avrebbe il suo senso e la sua ragione per essere seguita, ma che si fa (d'accordo tra colleghi in modo da stabilire un equilibrio accettabile) perché altrimenti è difficile trovare il tempo necessario a fare questo lavoro che in realtà è molto importante. Del resto io ho sempre detto: fatemi fare questa cosa al pomeriggio e la faccio subito, non mi serve un soldo in più (almeno per ora...), purché mi permettiate di far fare a chi è più in difficoltà un po' di lavoro di qualità, che serve.
Bon: oggi toccava allo studente D.V., notoriamente serissimo, che ha avuto problemi di salute impegnativi ed è rimasto indietro non per colpa sua. Ma non ci siamo capiti: lui intendeva sabato prossimo e allora va bene, l'ora buca resta buca e io sistemo compiti eccetera. Per prima cosa mi ricontrollo le assenze sul registro e per farlo mi metto sul tavolo che c'è in atrio al primo piano, dove ci sono già due studenti che fanno matematica e che, gentilmente, quando mi vedono arrivare mi fanno spazio.
Verifico che non siano fuori abusivamente e mi assicurano che sono del tutto legittimi perché “non si avvalgono”, cioè non fanno religione. Apro le mie carte e mi metto, ma con la coda dell'occhio li continuo a osservare, anche se parlano di roba che per me è praticamente svedese e nel merito della quale non sono minimamente in grado di entrare. Ma si capisce che dei due uno se la cava e l'altro è più scarso, e quello che se la cava, come è giusto, spiega all'altro. A un certo punto arrivano a un passaggio e il Bravo (B) fa allo Scarso (S):

B – Bon. E adesso cosa si fa?
S – Ahhh. Mi pare che questo e' uno di quei casi in cui si puo fare la depilazione dello scroto (1), ma non ricordo perchè in questo caso si può fare...
B – Giusto! Si può fare. Non ti ricordi perchè?
S – No...
B – Va bene, poi dopo te lo spiego io, intanto vai avanti...
S – Ok. Allora...

Io non sono un esperto di quella che gli specialisti di didattica chiamano peer education, che è questa cosa per cui tu organizzi gli studenti in modo che si spiegano le cose tra loro e si controllano. So (perchè me lo hanno detto) che se si riesce a dare ai fioi qualche indicazione di metodo precisa su come studiare insieme, uno può imparare dal compagno di classe tanto quanto o anche più che dal prof, e che riuscire a praticare questo sistema fa bene a tutti, agli Scarsi come ai Bravi. So anche che non è facile e che mediamente se due fioi (o tose, quasi uguale...) si mettono a studiare insieme è facile che la cosa finisca abbondantemente in vacca.
Due studenti di una volta, di cui ho già fatto cenno in qualche occasione, avevano coniato il concetto, piuttosto efficace, di “ore di studio lorde”, definendole pressappoco come un tempo in cui si studia con la televisione o la musica sempre accesa e ci si interrompe ogni cinque minuti per mangiare qualcosa o fare pipì o commentare qualsivoglia questione non pertinente: il calcolo era che un'ora lorda di questo tipo corrspondeva a circa 10 minuti netti. Questa definizione accompagnava la trasmissione via mail ai compagni (e, più o meno per errore, anche a me) di un esercizio di traduzione da Seneca il cui risultato, riportato qui sotto (2) costituisce un ottimo esempio classico di versione della quale lo studente non ha capito un cazzo, pur riuscendo a produrre un testo: quasi completamente insensato ma che permette allo studente stesso di dire che ha fatto i compiti, che ci ha provato, che ci ha lavorato sopra ma proprio non gli veniva.
Tutto questo solo per ricordare quanto sia difficile studiare insieme, ma anche quanto sia fondamentale e spesso risolutivo concentrarsi appena si può sulle cose che non si riesce a fare: specialmente se appena appena si ha la possibilità di avere una dritta da chi le sa fare. E per dire che quando vedi queste cose, cioè i fioi che si mettono lì seriamente e lavorano, che per quell'ora si mettono tutti interi nelle cose che hanno da studiare, un po' di speranza torna.
Di qui il titolo del post. Sul quale pensavo di fare un piccolo quiz, al quale ho rinunciato appena mi è venuto in mente che Google risolve facilmente in un attimo quasi tutte le sfide a citazioni. Il titolo viene da quella bellissima cosa di Leopardi che è il Dialogo di Cristoforo Colombo e Pietro Gutierrez, sedicesima delle Operette Morali, libro che col passare del tempo trovo sempre più preferibile anche a molti degli iperfrequentati Canti. Dialogo che, al di là del resto, si conclude con quella breve battuta che, nella sua semplicissima e non del tutto disincantata rassegnazione, fornisce un paradigma che mi pare utile come atteggiamento da assumere rispetto a tutte, o quasi, le nostre stesse speranze, piccole e grandi, cioè con Gutierrez che dice: “Voglia Dio questa volta ch'ella si verifichi”. Ella, cioè la speranza.

(1) naturalmente lo studente non ha detto davvero “la depilazione dello scroto”, ma ha nominato qualche procedimento o operazione matematica di cui io non ho alba e che quindi non mi ricordo minimamente. Uso quindi questa espressione per significare appunto: “procedimento o operazione matematica (presumibilmente abbastanza complessa) di cui io non ho alba”.
(2) La ricerca della “euthimia” ovvero della tranquillità dell’anima
 Ciò che desideri è sommo, grande e vicino agli dei; non turbarsi. I Greci chiamano questa stabile sede dell’animo eutimia, sulla quale fu egregia l’opera di Democrito, io invece la chiamo tranquillità, infatti non fu necessario imitare e tradurre le parole alla forma di quelli: la stessa cosa su cui ci si occupa deve essere indicata con qualche nome, poiché deve avere la forza della pronuncia greca. [pezzo saltato]. Cerchiamo  in che modo si possa pervenire a ciò in tutto: prenderai dal rimedio che si offre quanto vorrai. Mentre tutti i vizi devono essere esposti, di cui ciascuno conosca la sua parte, allo stesso modo tu conosca  con quanto meno negozio che da quello tu abbia con il tuo fastidio, i quali legati ad una professione meravigliosa e più grande il pudore dei lavoratori sotto iscrizioni onorifiche così splendide nella simulazione piuttosto che la volontà tenga.

1 commento:

  1. AAAAAAAAAAAAHAHAHAHHAHAHAHAHAHHAHA LA VERSIONE AHAHAHAHAH
    Quasi come: "Il porcellino....... porcellino..... il porcellino... porcellino", versione prodotta dallo studente A.B. in quarta ginnasio, dal greco, trovando sul Rocci SOLO "porcellino" perché era al nominativo.

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