venerdì 4 ottobre 2013

OGGETTI SMARRITI (microracconto morale)

Devo dare cinque euro a una persona.
L'ho anche vista ieri, potevo farlo, ma poi mi è uscito di mente. Li avevo nella giacca, in un taschino dove li ho messi per non confonderli, perché volevo che la banconota fosse quella e non un'altra. Quella che ho trovato per terra nel vialetto fuori di scuola mentre passavo con una collega e che, quasi vergognandomi un po' di averla raccolta, ho detto che non mi sarei tenuto, ripromettendomi di fare una microofferta. Chiaro che i soldi persi non hanno padrone, che se gli cerchi un padrone ne trovi cento tra i quali potrebbe non esserci affatto quello vero, ma trovarli e tenerseli fa sempre un po' specie, se non hai bisogno, se non muori di fame. Non so se, fossi stato solo, sarei stato abbastanza micromeschino da ficcarli nel portafoglio con gli altri e spenderli al supermercato o dovunque altro. Non lo escludo. Non direi di essere attaccato al denaro, cerco di ricordarmi che è meglio essere generoso e a volte non mi viene difficile, ma su queste cose nessuno si conosce mai davvero bene fino a quando non viene messo alla prova dalle circostanze. Ma insomma, avevo detto che li avrei dati via e mi sono detto che avrei rispettato quell'intenzione anche se nessuno sarebbe mai stato in grado di controllare. Ne ho fatte sicuramente di peggiori in vita mia, spero non tante, ma questa piccola cosa mi sono detto che sarebbe andata così.
Per prima cosa avevo pensato di buttarli dentro in cassa al rugby, poi mi sono detto che li aveva persi quasi certamente uno studente e che, per restituirglieli almeno idealmente, per avere magari anche una microprobabilità di fare in modo che fossero spesi a vantaggio di chi li aveva persi, ho deciso che li avrei dati ai fioi per una delle loro serate ludico-culturali più o meno serie, quindi li ho messi nella tasca dove ancora sono. Prossimi giorni so che avrò l'occasione di darli a chi devo. E punto.
Cinque euro, sui quali ti tocca comunque imbastire un microproblema morale che poi devi risolvere. Tempi in cui grandi corrotti si assolvono e respingono le tue richieste di lasciare il campo dicendo che in fin dei conti, che tutti, che insomma. Così hai un micromotivo in più per non tenerti i cinque euro.
E poi pensi a quante volte nella vita hai fatto cose gratis e a quanto hai pensato che quello, quello davvero va profondamente bene, fa bene a te ancora più che al mondo vicino o lontano che riceve il microbeneficio del caso. Pensi a quanto bene cammini dopo, a quanto coraggio hai di respirare e di guardarti intorno senza remore, con fiducia, dopo.
Ma poi ti ricordi anche delle volte che hai lasciato in giro roba tua, con sopra scritto il nome e magari il cognome. E l'hai lasciata lì tranquillo pensando che poi anche se uno la usava andava benissimo, bastava che non la rompesse e poi la rimettesse a posto. E invece poi non l'hai trovata più.
Come tutti i mali, anche questo micromale, se si ripete, magari insistendo sempre sullo stesso punto, alla fine ti logora e invilisce, ti rende timoroso e piccino. E allora pensi che non puoi vivere gratis. Invece a volte ti tocca, e quando ti tocca vedi che ne sei capace, che non muori. Che poi però non è che non muori: muori dopo, più tardi. Ma quanto? Perchè poi, il giorno che muori, ti salutano, va bene. Ma poi vanno a casa, dove forse ogni tanto ti pensano, ma forse anche no, non più. Che fia ristoro ai dì perduti un sasso, come dire.
Augurati di non aver bisogno, di non sentire la mancanza di quello che hai lasciato in giro senza chiederti troppo se valeva la pena. Alla fine, come dicevano su al nord, potrebbe, tra le tante cazzate che hai fatto, essere l'unica cosa che valeva la pena davvero.

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