martedì 25 giugno 2013

NEL SILENZIO DELLA CITTA' INSORTA

Questa è la Liffey a Dublino con Ha'penny bridge preso da Millennium bridge,
 per gentile concessione di Maria e delle sue bellissime foto
 Kelleher e Gallager voltarono la testa nel sentire dei passi su per le scale. Videro Mac Cormack e Caffrey che scendevano giù, lentamente, con la colt in pugno. Girarono a sinistra, per imboccare il corridoio. Kelleher e Gallager tornarono a montare la guardia. Il giorno tramontava. Le strade erano deserte. I Britannici non si muovevano più. Non una luce osava mostrarsi. Uno spicchio di luna comparve sopra i tetti. La Liffey prese a fremere dolcemente. La città era più che silenziosa.
A quel punto Kelleher e Gallager udirono un grido di donna. Si rigirarono. Ci furono altri rumori più sordi. Poi un nuovo grido di donna, esclamazioni e bestemmie. Videro allora, nella mezza luce del crepuscolo, i due compagni che strascinavano un'ombra che si dibatteva appena e non gridava più.
- Cos'è che succede? - chiese Gallager con una punta di emozione.
- Una pollastra che s'è inguattata qui, - disse Caffrey. - Andiamo a interrogarla.
- Perché non la sbattete fuori? - fece ancora Gallager.
- Di', - disse Mac Cormack, - bisogna poi gettare una coperta sulla piccola che è giù in strada.
- E gli altri due, - disse Gallager, - se li si mettesse fuori anche loro? Con una coperta sopra.
- Allora la si interroga? - domandò Caffrey.
Mac Cormack e Caffrey erano rimasti immobili e Gertrude si era addossata contro il muro. La tenevano ciascuno per un polso. Non diceva niente, la testa reclinata.
- Mettete una coperta sopra la piccola che è fuori, - disse Mac Cormack. - Gli altri possono aspettare.
- Mi si rizza il pelo, - disse Gallager, - all'idea, proprio così, di stare a passare la notte con dei morti.
- Si potrebbe sbatterli fuori, - propose Kelleher. - Farne una piccola mucchia all'angolo della strada quando poi i Britannici ci viene la sonna.
- I morti non devono mettervi paura, - disse Mac Cormack. - Non più dei vivi.
- La si interroga? - domandò Caffrey. - Le facciamo delle domande?
- Va' a gettare una coperta sopra la piccola che è fuori, - disse Gallager.
- Aspetta che faccia proprio notte, - disse Mac Cormack.
Gallager incollò la faccia sulla feritoia ricavata nel barricamento di una finestra.
- Se storco gli occhi, - disse, - arrivo ancora a vedere la sua spoglia mortale. Pare che aspetta un innamorato. Beh mi ossessiona insomma. Beh mi ossessiona insomma. Beh mi ossessiona. E gli altri baccalà, nel ripostiglio, che vanno a venir fuori, ci manca poco, a cavallo su delle scope, a vagare come niente nell'aria cacciando certi lamenti. Avranno la ghigna verde e finti sudari.
Si voltò verso Mac Cormack.
- Mi piace mica sta faccenda. Si dovrebbe cacciarli tutti nella Liffey. La piccola uguale.
- Noi non siamo degli assassini, - disse Mac Cormack.
- Alè, Gallager, un po' di coraggio. Finnegans wake!
- Finnegans wake! - fece eco Gallager, con la bocca secca.
Si udirono dei singhiozzi soffocati. Caffrey aveva appena passato la mano sulle chiappe di Gertie.
- Ti ho detto di essere corretto, - brontolò Mac Cormack.
- Può darsi che nasconde armi.
- Basta così.
Strascinarono Gertie e cominciarono a montar su per le scale. Gertie si impuntava, però senza resistere. Aveva subito smesso di piangere. I due piantoni del pianterreno li guardarono salire. Poi tornarono di guardia. La notte adesso era a filo, una vera notte proprio fonda, sfondata dallo splendore di una luna piena.
- Un cagnazzo, - mormorò di botto Gallager.
E aggiunse:
- La sniffa. Lo sporcaccione.
Spianò il fucile e tirò.
Era il primo sparo della notte. Risuonò strambo nel silenzio della città insorta. Il cane si mise a sgagnolare. Si allontanò, tra i guaiti, ululando più e più patetico. Un poco più lontano, ci fu un secondo sparo, poi ancora la calma. Una pallottola britannica aveva finito il cinico animale.
- Che cagheria tutti sti cadaveri! - disse Gallager.
Kelleher non rispose.
(Raymond Queneau, Troppo buoni con le donne (1971), cp. XXI, Torino, Einaudi 19983, p. 43-45)

Facciamo che è un suggerimento di lettura, dato che Queneau, per varie ragioni, è uno dei miei autori di culto: il papà di Perec, quindi il nonno di Pennac. Ho scoperto tra l'altro che è lui ad aver curato l'edizione delle famose lezioni sulla Fenomenologia dello Spirito di Hegel tenute a Parigi dal franco-russo Kojève negli anni '30, lezioni a cui Queneau aveva assistito ricavandone gli appunti da cui poi è nato il libro. Che io naturalmente conosco solo di nome e di fama, ma di cui non ho mai letto una riga.
In realtà Troppo buoni con le donne, che ho riletto di recente, mi è tornato in mente perchè Maria ha nominato Dublino e la Liffey. Ho sempre trovato irresistibile la combinazione di: a) ingenuo eroismo; b) semplicità d'animo; c) cinismo da esperti della durezza della vita e; d) desiderio d'amore potente e inconfessato, che, in varie proporzioni, costituisce l'anima un po' di tutti i patrioti irlandesi protagonisti di questa surreale insurrezione, vera e impossibile. E' un po' un prototipo dell'allegria tragica, dell'equilibrio miracoloso di gioco e disperazione che spesso mi pare l'unico possibile modo serio per guardare le cose. E magari affrontarle.
In questo capitolo ci sono già tre vittime delle prime fasi dell'assalto all'ufficio postale in cui è ambientata la vicenda: un paio di morti nascosti in uno stanzino e, soprattutto un'impiegata dell'ufficio stesa cadavere all'esterno (la piccola), uccisa da una pallottola inglese mentre era tornata indietro a prendere la borsetta abbandonata precipitosamente al momento dell'irruzione dei guerriglieri. Non si direbbe un brano beneaugurante, in effetti non lo è. Ma non è del tutto fuori tono rispetto ai pensieri di Maria su come tutto sia appeso a qualche filo. E su come, pur sapendolo bene, sia possibile continuare, nonostante lo scombuglio e cercando di essere sempre corretti per non smerdare la causa, a combattere. Per resistere è essenziale, ogni tanto, far girare una bottiglia di vischi.

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