sabato 29 dicembre 2012

TESTA DI CAZZO (a dirty job 1)

Tu non lo sai quanto ti ho pensato, ragazza T.S. Rivederti l'altro giorno fresca e gioviale, dopo anni che non avevo tue notizie, mentre uscivo da quel portone e tu entravi, mi ha fatto davvero impressione. Sei stata a lungo e sei ancora un po' il mio demone della finitezza: ho pensato spesso a te per ricordarmi dei miei limiti, per esempio quando mi accorgevo troppo tardi di avere fatto una cazzata di cui in corso d'opera non avevo minimamente sospettato, ma anche quando mi rendevo conto che c'erano studenti con cui non riuscivo proprio a stabilire una minchia di rapporto decente...
Ci sono sempre in una classe fioi con i quali fai fatica sul piano personale. E questo è decisivo perchè, come ben sapevano già i grandi metafisici e meccanicisti dell'epoca moderna, la questione del sapere e dell'apprendere è prima di tutto una questione personale: tu ti fidi delle cose che dico e studierai le cose che io ti do da studiare se ti fidi di me. Ma questa fiducia si guadagna versando del sangue, perchè lo studente vuole precisamente il sangue, il tuo, per darti un po' del suo. E te ne dà quasi sempre in quantità molto limitata e a prezzo di una fatica notevole, a volte improba, come già dicevo qui, qui e qui. Però di solito questa cosa la sai bene: sai bene che c'è qualcuno che non ti manda giù. Puoi illuderti che non sia così: mi è capitato, l'ho già detto, di sentire colleghi parlare dell'adorazione dei propri studenti per loro. Ok, sarà, mettiamo anche che ci riusciate meglio di me. Per quello che ho visto e vedo, evitare sempre forme di ostilità aperta o di odio strisciante è praticamente impossibile. Sono comportamenti su cui si può e si deve fare la tara dell'età, come su diversi altri, ma che ci sono e con i quali devi combattere tutti i giorni come con tutto il resto. La prima cosa che fai, se appena hai un briciolo di equilibrio, è comportarti con il massimo scrupolo e casomai concedere al giovane cane (denominazione che non esclude gli esemplari femmina) che interiormente ti abbaia contro non solo tutte le garanzie che spettano alla sua condizione, ma anche qualcosa di più. Non ti permetti di prendertela minimamente con lui/lei usando armi di carattere professionale. In realtà non lo fai e non lo devi fare mai: vendicarsi di qualcuno usando il voto o cose simili è un'azione peccaminosa e fanatica più o meno quanto le torture dell'inquisizione spagnola. So che qualcuno lo fa, ma io (come ho già accennato) non vedo esempi frequenti o spaventosi di questa cosa, checchè se ne dica in giro. Le differenze di trattamento hanno senso, didatticamente, solo se sono volute e dichiarate e hanno una funzione precisa, se sono scelte che servono a cercare di provocare una reazione. Poi va da sé che non sempre funziona e che a volte si sbaglia. Ma se ti sbatti e sei in buona fede in sostanza sei a posto.
Comunque, a parte questo, devi gestire questa ostilità con estrema attenzione, sterilizzando quanto possibile i tuoi sentimenti e inventando strategie adatte a farti essere obiettivo. Personalmente mi è capitato di essere più riguardoso e accondiscendente con questa gente qui, che sapevo più o meno chiaramente che mi stava sulle palle, che con studenti-tesoro ai quali avrei regalato la cistifellea in caso di necessità. Ne ho in mente uno che a volte mi capita di incrociare e per il quale provo ancora un vero fastidio tanto da far fatica a salutarlo. L'ho trattato sempre con i guanti per non ottenere niente, niente, niente. Magari qualche traccia utile del mio lavoro sarà rimasta anche in lui. Ma un segno non ce l'ho mai avuto. E comunque qui sapevo benissimo che c'era una lotta in corso. Invece a volte certe cose restano tutte sotterranee e non te ne accorgi per niente: posso raccontare di una ragazza carina che a un certo punto ho scoperto essere diventata la morosa di un Tipo della mia età. Non ce l'avevo in classe, era in un'altra sezione, e quando l'ho incontrata con Tipo e ho fatto due parole è venuto normale accennare ai trascorsi scolastici. Allora lei mi fa: “Sì, mi ricordo che ci odiavamo...”. Ho dissimulato (non del tutto), ma son rimasto un cane. Io di lei mi ricordavo appena e so bene che non mi sono mai sognato di provare per lei un sentimento che non fosse quello della comune e poco impegnativa ma benevola disponibilità verso lo studente che incroci in corridoio. Chissà cosa ho fatto per farmi odiare da una che manco tormentavo quotidianamente. E poi ci sarebbero altri esempi. Ma il mio enigma principale restavi e resti tu, T.S. Seria, studiosa, solida e brava anche se non spettacolare, una affidabile come non ne trovi tante; a modo tuo anche carina, anche se non intenzionata a oltrepassare la linea dell'aspetto da brava tosa jeans e maglioncino. Ebbene, l'altro giorno sul portone mi sei apparsa sorridente e gioviale, contenta di vedermi, di darmi qualche (buona e rassicurante) notizia di te e, in apparenza, per niente imbarazzata da ricordi di passate sofferenze e inimicizie. Il che mi ha fatto piacere, ma mi ha anche confuso. Perchè di te non avevo e non ho ricordi di conflitti o ingiustizie, di fastidi o insofferenze. Eppure a te ho pensato spesso in questi anni, da quando, con malintesa gentilezza o sottile perfidia, non so, un altro studente neanche della tua classe mi ha raccontato che avevi messo sulla tua pagina di facebook una foto mia. Con scritto sotto TESTA DI CAZZO.

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