sabato 30 giugno 2012

COSA SARA'

Si impara dopo un po'. Possono anche dirtelo, spiegartelo, prevenirti, ma, come spesso accade, finchè non vedi con i tuoi occhi la cosa non ti è chiara e non ti resta in mente. Cominci a vedere, nei primi anni in cui insegni, che ci sono degli studenti ai quali all'inizio non daresti dieci centesimi. Tu hai questa impressione, ma naturalmente non è in base a questo che li valuti: sei un professionista, povero ma sempre professionista, quindi gli dai del lavoro da fare e verifichi quello che sono
riusciti a combinare. Il voto viene fuori da lì e la tua impressione di essere di fronte a una probabile drammatica mancanza di futuro non ti influenza, anzi incoraggi e sostieni più o meno intensamente. Però hai in mente quello sviluppo così improbabile, ci pensi e lo temi e non sai cosa fare. E magari per questo finisci per investire su quello studente un po' meno di quanto potresti: un (serio, onesto...) difensore d'ufficio invece dell'appassionato patrocinatore di un'innocenza di cui è fermamente convinto.
E spesso loro restano a lungo in questa condizione, apparentemente senza speranza di miglioramento e senza prospettiva, come a confermare la tua ipotesi iniziale. E poi, a un certo punto, si trasformano. Il miracolo può avvenire sotto i tuoi occhi, con relativa gradualità, anche grazie al lavoro che stai facendo insieme a tutti gli altri, e in questo caso hai anche un po' di soddisfazione perchè pensi di averci avuto la tua piccola parte. Ma può anche essere una faccenda meno spiegabile, più misteriosa e improvvisa. Li lasci a giugno e li ritrovi a settembre che manco li riconosci: una morosa/o, un lavoro, un viaggio all'estero, oppure altro che non si sa. E vedi che finalmente, mentre prima si sforzavano con enorme affanno e spesso inutilmente su cose che a loro apparivano distanti come il pianeta Saturno, adesso hanno capito che più o meno tutto torna, che le cose che trovano a scuola sono faccende non solo sensate ma a volte vitali e indispensabili. O comunque ne capiscono concretamente il rilievo, sanno metterle da qualche parte nel loro orizzonte. Magari distante, in un posto che poi non frequentano perché proprio svegliandosi dalla loro ipnosi adolescenziale hanno deciso/capito che la cosa a loro non interessa più di tanto. Ma imparano ad averne un certo rispetto, ne accettano l'esistenza. E nell'insieme tutto è cambiato: anziché trovarti in mano un ordigno, pieno di incognite e pericoloso da maneggiare, hai davanti un quasi-uomo o donna di cui sai che in linea di massima ti puoi fidare, che certamente può ancora commettere errori o perdere la testa, ma che se non viene colpito da meteoriti o altre sciagure comincia a essere quello che poi incontrerai per caso in piazza o altrove, adulto, con gli occhi aperti e la propria vita in mano. Più o meno vitale, più o meno felice (che ne sai?), ma comunque uscito fuori, comunque diventato, come dice Pennac, che alla propria trasformazione dedica uno dei diversi cuori pulsanti di quella cosa bellissima che è il suo Diario di scuola (1).
Quando cominci ad assistere a qualcuna di queste trasformazioni, cominci anche a tarare meglio la tua paura per l'altrui mancanza di futuro, ad averne di meno, molta di meno, e a investire su tutti con (più o meno) altrettanta energia, se appena ce la fai. Cominci a capire che i fioi hanno dentro risorse insospettabili (a volte perché molto ben nascoste…) e che devi sempre presupporre che prima o poi le tireranno fuori. Questo non significa che devi essere sempre più indulgente, anzi, magari a volte saperlo ti spinge proprio a fare il contrario, per esempio nella speranza di provocare più rapidamente il cambiamento che ti sembra maturo e quasi sul punto di prodursi. Anche perché non sei mai certo che il tesoro non salti fuori troppo tardi (per evitare di farsi bocciare un anno, per esempio...). L'importante è che tu faccia capire che ti fidi: tu sì ti fidi di loro, qualche volta anche contro l'evidenza stessa delle loro scelte e dei loro comportamenti: a volte ci vuole davvero molta pazienza e si devono mettere in preventivo parecchie scommesse perse, fidarsi costa tempo ed energia...). Comunque, anche se non sai se ti sarà dato di assistere alla trasformazione, devi mettere in conto che ci sarà, come una costante fisica, come una precondizione. E la cosa ti aiuta nel compito importante di stabilire un rapporto con ciascuno, di riservare a tutti una porzione diversa della tua attenzione, strutturata in modo particolare, fatta, come ogni conoscenza, di memoria e sentimento, ma anche di qualche piccolo sottinteso, magari superficiale ma ugualmente vitale.
Questo ti mette in grado, quando li hai di fronte, di proiettarti un po' avanti nel tempo e di vederli diventati: vedi le donne e gli uomini che saranno. Esercizio apparentemente vano ma in realtà utile: dà fiducia e coraggio a te in dosi sufficienti a permetterti di trasmetterne agli altri una certa quantità. Esercizio che naturalmente diventa più facile mano a mano che col tempo li vedi tornare (ti mantieni in contatto, li incroci, ricevi notizie...) e spesso ti trovi di fronte la trasformazione già compiuta. Non sai come: puoi solo tentare di ricostruirne sommariamente la dinamica sulla base delle tracce contenute nelle poche informazioni che ricavi da un breve colloquio in un incontro casuale. Ma è molto importante: devi ringraziare delle notizie, farne tesoro e dirlo in giro. Soprattutto dirlo a quelli che hai adesso e che ti sopportano nei tuoi tentativi di aiutarli a imparare a lavorare. Per dare loro una piccola ragione in più per guardare oltre; per far pensare anche a loro che se per caso in questo momento si vedono privi di futuro, si sbagliano: anche loro hanno i mezzi e avranno il modo per diventare. Prima o poi provo a raccontarne un paio, di questi ritorni: due, fra gli altri, molto recenti e piuttosto emblematici.

(1) Qui il riferimento è a tutta la parte II di Diario di scuola: da p. 37 dell'edizione 2008 di Feltrinelli, in avanti.

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