martedì 5 luglio 2011

POKEMON MANIA (1)

La lotta contro i Pokemon è durissima. Mi chiedo spesso se qualche decennio fa ci fosse qualcosa di analogo in termini di stupidità e pericolosità, come mi chiedo se in effetti non ci sia nei Pokemon qualche idea, un nucleo, un’intuizione, di cui magari io non mi rendo conto per la miopia comunemente propria dell’adulto che guarda con diffidenza e sufficienza tutto quello che interessa e piace ai piccoli.
Me lo chiedo e faccio fatica a trovare una risposta positiva. Penso ai primi cartoni giapponesi che hanno avuto diffusione e successo in occidente, mi ricordo dell’interesse che suscitavano e dell’attrazione quasi magnetica che esercitavano sui bambini, tutti, senza quasi eccezione e penso alle ragioni di questo successo. Faccio una gran fatica a trovare qualcosa di diverso dai caratteri di un prodotto seriale e dalle solite ragioni che comunemente lo rendono piacevole a chi lo compra. Si sa: ci si chiede di cosa si può far provare il bisogno a una certa fascia di consumatori e si studiano le caratteristiche del pr0dotto per andare incontro a queste esigenze più o meno indotte. Non serve Marcuse né  è indispensabile pensare con Marcuse che questa logica sia perversa e fonte solo di oppressione e repressione. Certamente ci sono prodotti industriali la cui realizzazione ha significato per l’umanità un (piccolo, grande…) progresso in termini di libertà e felicità. Ma anche no. Forse Goldrake quella volta non ci ha reso peggiori, ma possiamo dire lo stesso per Pikachu o considerarlo per lo meno un innocuo passatempo? Non so. Mi pare che la lotta dei primi Ufo Robot contro il male (la flotta di Vega) fosse tutto sommato un’epica un po’ ingenua, abbastanza semplificata, con sotto quest’idea banale della capacità quasi prodigiosa della tecnologia di progredire e risolvere i problemi, ma non diversa nello spirito da tante forme di avventura che la letteratura popolare ha diffuso in passato. A me Pikachu pare molto più furbo e minaccioso.
E’ vero che il fenomeno nel suo insieme (manga-anime) è oggetto di culto. Quasi tutto quello che si vende riesce a diventare interessante o addirittura fondamentale per qualche piccolo gruppo di fanatici. Qui il gruppo non è neanche tanto piccolo e pare davvero che in Giappone la cosa faccia parte del costume, ne sia un elemento corrente e diffuso che poi giustamente qualcuno ha studiato e valutato. Nella mia ignoranza del tema me ne sono reso conto lo scorso anno quando lo studente O. ha proposto all’esame una piccola ricerca (le famose tesine) sulla faccenda. L’ho letta con attenzione proprio perché non ne sapevo e non ne so quasi niente, ma non si è squarciato nessun velo. Mi pare che si tratti di una produzione molto ampia le cui caratteristiche comuni non bastano a farne a priori qualcosa di pregevole o di spregevole. Ci sarà roba di buona qualità e roba di qualità scadente. E’ vero che io pensavo fosse tutto da buttare fino a quando al cinema non sono stato messo a confronto con i grandi incubi di Miyazaki (La città incantata, Il castello errante di Howl) e non ho scoperto che Heidi l’aveva inventata lui. Ma questo non cambia la prospettiva: il criterio è sempre lo stesso: valuti quello che ti viene messo sotto e vedi. E i Pokemon, cyberpunk infantile che combina astutamente ingredienti che vengono dalla fantascienza tecnologica e tonalità patetiche caramellose, mi sembrano vera spazzatura dannosa. Pare (la mia fonte è sempre la famosa tesina dello studente O.) che anche in Giappone ci sia stata una qualche reazione nell’opinione pubblica, perlomeno in termini di dibattito, di messa in discussione. Il gusto per certi anime è stato interpretato come la manifestazione di un desiderio di ritorno all’infanzia (o meglio di permanenza allo stadio infantile) da parte di molti ragazzi giapponesi, specie in relazione alla nota durezza e competitività del sistema scolastico giapponese. Il termine chiave pare sia Otaku, che indica proprio questo atteggiamento di ripiegamento su di sé nel rifiuto di crescere. Mi pare, nella mia ignoranza, che l’analisi colga il problema.
Ma forse mi sbaglio almeno in parte, visto il modo in cui anche ragazzini apparentemente svegli per molti altri aspetti ne sono attratti e a lungo assorbiti. Comunque continuo a pensare che sia un fenomeno rispetto al quale bisogna trovare delle armi. Non il fenomeno in sé, ma il tipo di fenomeni. Niente di epocale e catastrofico, solo una delle tante schifezze che il mercato ti somministra e verso cui tu dovresti stare attento e proteggerti. Ma siccome riguarda i piccoli e la loro protezione, mi viene da dire che è sensato pensarci un po’, specificamente.

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