martedì 19 luglio 2011

CUPIO DISSOLVI

La potenza negativa che uno o una di 16-17-18 anni può esprimere è impressionante. A quell’età abbiamo la vista cortissima. Il mondo è largo tre metri e comprende quasi solo quello che si può toccare con le mani. L’esistenza può ridursi a una rete di tre-quattro elementi di importanza capitale che si tengono insieme con legami apparentemente indistruttibili, anche se poi a un certo (imprevedibile) punto la loro consistenza evapora e quel mondo, finalmente, si dissolve lasciando grazie a Dio il posto a una rete più ampia.

E’ raro trovare ragazzi immuni da questa specie di soffocante ottusità adolescenziale. Lo sappiamo perché lo abbiamo provato. Riconosciamo che, in quanto quasi inevitabile, è anche un atteggiamento legittimo. Ma a volte fa paura. Può essere una stagione di maltempo prevedibile nella sua ciclicità, ma può diventare una tempesta pericolosa e provocare danni.
Il termine “incoscienza” è banale, ma resta il più preciso. Si prende in velocità una curva cieca. Il più delle volte va bene, ma è un attimo sbandare e uscire o incontrare un camion che arriva dall’altra parte. A scuola a volte si vedono queste cose. Spesso c’è sotto un conflitto familiare di cui poi tutti pagano le conseguenze, ma che mette in pericolo soprattutto lui/lei. E per punire il padre o la madre, per vendicarsi dei genitori, di quello che sono, della colpa imperdonabile di esistere e di averli messi al mondo, questi fioi sono capaci di fare cose incredibili. E’ un’ossessione come l’innamoramento, ma nera. Forse la cosa più simile all’odio cieco che sia dato di vedere in situazioni quotidiane, fuori da guerre e situazioni di violenza endemica. E di solito non si manifesta in un’esplosione, anzi. Il soggetto si attacca al genitore colpevole (o a tutti e due) e gli rovina l’esistenza sottoponendolo a un ciclo prolungato (a volte interminabile) di tormenti, infliggendogli il massimo possibile di sofferenze. Il punto è che ovviamente questo rovina l’esistenza anche a lui. Lui lo sa, o almeno sembra, e sembra che non gliene freghi niente. Ricordo casi drammatici di fronte ai quali quasi sempre sai di non poterci fare niente, con genitori che al colloquio ti vengono a dire peste e corna dei figli e figli che restano catatonici rispetto a qualsiasi tentativo diretto o indiretto di affrontare la situazione, come naturalmente di fronte a qualsiasi proposta o stimolo di carattere culturale o didattico. Queste sono cose che non sappiamo maneggiare, che hanno radici profonde su cui la scuola può incidere solo per caso e con molta fortuna. E che si fa in un’ottica di sistema? Si porta a scuola uno psicologo e si mandano i fioi a parlare con lui, nella speranza che sia uno bravo e umano e che veda le situazioni nella loro concretezza e urgenza. Risolve? No, segnala, magari con un po’ di anticipo, allora sai che ci sono situazioni da prendere con le pinze prima di accorgertene da solo in seguito a qualche piccolo o grande disastro scolastico o personale. Ma anche se e quando te lo hanno segnalato non è che sai bene come affrontare il problema…

1 commento:

  1. Ogni volta che penso ai miei 17 anni mi vengono in mente queste due cose:
    1. è incredibile che io sia sopravvissuta
    2. la Mian non mi avrebbe fatta entrare a scuola così conciata.

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